Il restauro conservativo, filosofia di una sfida

Il dubbio è amletico per un appassionato: restaurare in toto il veicolo o sottoporlo ad un restauro conservativo che ne preservi le caratteristiche, sanando le sole parti compromesse dall’uso e dagli insulti del tempo?
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L'alternativa è fra operare un intervento radicale - con tanto di sabbiatura che riporta il veicolo al suo stato d’origine - o sottoporlo ad una cura certosina che non evidenzi gli interventi di saldatura e le inserzioni di lamiera con l' adozione di una tecnica di ritocco sfumato

Ebbene, va subito chiarito che il restauro conservativo resta la pratica più complessa ed impegnativa, ma è l'unica che non snaturi il "vissuto" di una moto d'epoca.
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Rimettere a nuovo un veicolo è oggi infatti comunque un’operazione difficoltosa ed elaborata, ma assolutamente fattibile e possibile grazie ai supporti forniti dalle moderne carrozzerie.
Si pensi solo al vantaggio offerto dalle verniciature a bicomponente: la nitro richiedeva molte mani, la carteggiatura quindi una costante ed omogenea lucidatura a mano in ogni particolare.

Oggi con una buona vernice, dopo aver dato il fondo adeguato, con due sole mani si ottiene un effetto semplicemente perfetto.

Nel restauro conservativo la capacità è invece insita nella padronanza dell’operatore di lavorare con le sfumature delle tinte, con le tecniche di invecchiamento dei componenti nuovi per portarli al livello desiderato di usura, omogeneo col resto del motoveicolo.
Paradossalmente, il restauro conservativo è una forma estrema di modellismo evoluto, ma in scala 1:1.
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Il Galletto del pollaio
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Talvolta la passione e la fantasia spinge al parossismo: il caso lo abbiamo testato con un intervento mirato a riportare all’antico splendore un Galletto 160 del 1950, Primo Tipo, cambio a mano, recuperato dall’anziano proprietario grazie alla classica e sempre preziosa segnalazione di un amico.

Nelle immagini che pubblichiamo a corredo si vede il Galletto tale e quale come l’abbiamo recuperato.
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Non si tratta di una leggenda metropolitana diffusa da appassionati: il Galletto era davvero lasciato a sé stesso da decenni all’interno di un pollaio e su di esso hanno fatto residenza generazioni di galline.
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Quando lo abbiamo portato a casa le sue condizioni mostravano tutto l’insulto degli anni e dell'incuria in cui era stato tenuto.

Uno spesso strato di ruggine lo copriva ovunque, fatte salve le parti in alluminio che erano passivate da uno strato uniforme di ossido.
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In questo caso, come noto, l’ossidazione crea uno strato di ossido piuttosto tenace che protegge dalla corrosione profonda; quando abbiamo cominciato a pulirlo dalle tracce organiche dei polli, sotto lo strato pesante di ruggine emerse nulla di meno che il colore originale che gli era stato dato in Moto Guzzi!
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Mentre procedevo con la ripulitura osservavo da ogni parte questo Galletto, quasi fosse una bella donna e mi venne un'idea: questo Galletto aveva il fascino di una vecchia signora, non l'avrei riportato all'estetica un po' sbarazzina della moto nuova appena uscita pimpante dalle linee di montaggio, ma avrei conservato la sua aria vissuta, che tanto raccontava agli occhi di noi appassionati.
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La difficoltà, in questo caso, data la generale fioritura di ruggine, era costituita dal rischio di ottenere pannelli assolutamente omogenei e quindi discordanti con il resto del veicolo.
Sarebbe stato il classico effetto "pugno nell'occhio"!
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La vera sorpresa del colore svelato dai colpi di striglia metallica, mi indusse ad optare senza tentennamenti per un restauro puramente conservativo, lasciando quindi il veicolo tale quale come l’avevo trovato dopo sessant’anni, o poco più, di variegato servizio, ripristinando le parti non più verniciate o mancanti nelle medesime tonalità di colore.
Il fascino del tempo è una patina che secondo me accresce l'attrattiva per gli oggetti d'epoca: chi sarebbe tanto pazzo da lucidare una statua di bronzo o una medaglia?
Perchè lo stesso principio non dovrebbe valere per i mezzi d'epoca?
La mia è forse una particolare dedizione al fascino del tempo passato, certamente ereditata da quel grand uomo che fu mio padre, di professione restauratore di affreschi.
Io e mio fratello lo aiutavamo a pestare i colori nel mortaio e a cercare pigmenti naturali ovunque andassimo, ma mio padre mi trasmise anche l'amore per la Moto Guzzi - la fotografia del titolo del blog lo mostra con un suo Galletto.
Piccolo inciso: il pezzo della mia collezione cui sono più legato è un Airone Sport 250, che mio padre comprò nuovo fiammante all'epoca, dopo aver litigato con la sua fidanzata, quella donna che più tardi sposò e che divenne mia madre.
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Da tutto ciò maturò come ovvia conseguenza l’idea di verniciare le parti mancanti - fra cui anche carter paramotore e i due paragambe in alluminio - con un sistema che riproducesse, nel modo più realistico possibile, il viraggio dei colori e delle tonalità del resto del veicolo.
Ovviamente è pacifico constatare come l’alluminio ossidato non produca il colore rossastro e giallognolo tipico degli ossidi di ferro, ma rimosso l'arancio della ruggine, la livrea della moto era diventata quella originale marmorizzata con tonalità varianti dal bruno al nocciola.

Da qui l’applicazione realizzata con colori in polvere a base di ossidi e terre naturali per mascherare il colore uniforme beige della Max Mayer, di fatto divenuto a tutti gli effetti una sola tinta di fondo su cui lavorare per ottenere l'effetto desiderato.
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Per meglio accostare le parti nuove e riverniciate con quelle conservate, le superfici estese sono state "lavorate" (testurizzate) a mano per ottenere una maggior rugosità, creando abrasioni e parti consumate ad hoc, mentre sono intervenuto manualmente e meccanicamente sulle parti in rilievo e nei punti di maggior potenziale sollecitazione per dare un aspetto coerente con lo stato delle altre parti originali.
In questa fase potete dare fondo alla vostra fantasia e, per chi ha un po' di pratica delle nozioni base del modellismo, il divertimento è assicurato.

Un minimo di manualità e di occhio ha prodotto un effetto di tutto riguardo nell’accostamento delle parti.
Nella sequenza alcune fasi della "macchiatura" dei carter, ottenuta lavorando a più mani successive e con tecniche di "filtro" ottenute con lavaggi e tecniche di modellismo come il "pennello asciutto".
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Il risultato appare coerente con lo stato di conservazione generale del veicolo, tanto da permettere di superare l’immagine di una motocicletta compromessa dal tempo, facendo diventare il nostro Galletto 160 con il cambio a mano un interessante veicolo che ai raduni manifesta tutta la sua rarità ed il suo essere un pregevole pezzo da collezione, decisamente conservato e ora gelosamente custodito.
Nella foto che segue, scattata con l'ausilio di un flash elettronico, le parti nuove risultano di una tonalità più "calda" rispetto alle originali, ma questo è un effetto dovuto alle diverse caratteristiche di emissione della sorgente luminosa artificiale rispetto alla luce naturale del sole.
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Analogo lavoro è stato riservato ai paragambe.
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Insomma, una sfida al concetto stesso di restauro.
L’impresa, nonostante sembrasse disperata, è stata coronata dal successo.
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