Il fissaggio della gomma sul pedale d'avviamento


Un restauro accurato si distingue soprattutto dai particolari meno appariscenti.

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Tra i particolari significativi di attenzione di un restauro ben eseguito rientra anche il corretto montaggio del sistema di bloccaggio della gomma del pedale d'avviamento del Galletto.
Può sembrare una banalità, ma provate ad osservare al prossimo raduno cui parteciperete quanti Galletti rispettano le istruzioni di corretto montaggio della Casa costruttrice... 

La gomma, rigata in senso radiale a differenza di quelle montate sul bilanciere del cambio, si fissa infatti su un tubetto metallico che ne costituisce l’anima.



A sua volta l’insieme tubo e gomma dell’avviamento viene fissato mediante una vite, che si impegna in una rondella di generoso spessore, dotata di una svasatura concava fatta appositamente per accogliere la conicità della vite.

La vite deve essere del tipo a testa svasata con taglio del cacciavite, così come si evince dal catalogo originale dei pezzi di ricambio.

Un particolare spesso trascurato, ma che si rende necessario in termini di attenzione in un restauro corretto e di adeguato livello.






Conservato o restaurato? Autentico o originale?



Spesso l'uso di un aggettivo può creare dei fraintendimenti, perché nell'uso quotidiano si tende a dare tutto per scontato e a confondere il significato delle parole.
Vediamo invece qual é il vero valore di alcuni aggettivi quando si parla di restauro di moto d'epoca.

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Emerge molto spesso dalle comunicazioni che giungono dai lettori dei nostri blog una certa confusione in ordine alla classificazione dello stato dei mezzi che ci si riaccinge a rimettere in strada o in condizioni tali da affrontare la partecipazione ai raduni.

Nello specifico, da tempo abbiamo fatto nostro il codice tecnico della FIVA.
Un elaborato riconosciuto a livello internazionale, che ha come obiettivo principale il preservare e mantenere in condizioni di marcia tutti i veicoli che rientrano nel periodo di classificazione che considera la FIVA, ossia dall’origine al limite minimo, fissato in 25 anni di anzianità del veicolo.


Andiamo per ordine: la FIVA specifica come un “veicolo storico conservato” sia un veicolo a propulsione meccanica, fabbricato più di 25 anni fa, conservato e manutenuto in condizioni storiche corrette e custodito da una persona o un organismo che lo conserva per un interesse tecnico e storico e non come trasporto quotidiano.

In linea di principio la FIVA specifica le modalità con i veicoli dovranno essere conservati ed utilizzati come furono consegnati dal costruttore al pubblico, compresi tutti gli accessori e le opzioni offerte dal costruttore o vendute generalmente durante la vita normale del veicolo.


Tutte le altre modifiche, alterazioni o cambiamenti dovranno quindi di massima essere evitati.
Solo se assolutamente necessari, dovranno essere effettuati nello spirito dell’epoca in cui il veicolo era normalmente utilizzato ed in maniera tale che il veicolo possa essere riconvertito alle sue condizioni originali col minimo sforzo e costo possibili.

Le modifiche, alterazioni ed altri cambiamenti devono, in linea di principio, limitarsi a quelli richiesti dalle autorità per assicurare la circolazione su strada del veicolo o dove sia impossibile trovare ricambi adeguati o rifabbricarli a costi ragionevoli.

Tutte le modifiche, alterazioni o cambiamenti dovranno essere documentati in modo che i futuri proprietari possano sapere in cosa il veicolo differisce dalla condizione d'origine.

Innanzitutto vediamo la classificazione dei veicoli per età: dai parametri emerge come il nostro Galletto si inserisca dal 160 cc al 192 ad avviamento a pedale nella classe E (Après-guerre 1 gennaio 1946- 31 dicembre 1960) e ancora in classe F per il galletto 192 ad avviamento elettrico la cui produzione è partita nel 1961 (Classe F, veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1961 ed il 31 dicembre 1970).

Ma ecco nello specifico tutta la classificazione:

- Classe A (Ancêtres) veicoli costruiti prima del 31 dicembre 1904

- Classe B (Vétérans) veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1905 ed il 31 dicembre 1918

- Classe C (Vintage) veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1919 ed il 31 dicembre 1930

- Classe D (Post-Vintage) veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1931 ed il 31 dicembre 1945

- Classe E (Après-guerre) veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1946 ed il 31 dicembre 1960

- Classe F veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1961 ed il 31 dicembre 1970

- Classe G veicoli costruiti tra il 1 gennaio 1971 ed il limite dei 25 anni minimo di anzianità.



Da qui segue la classificazione dei veicoli secondo una precisa definizione sulla base delle loro caratteristiche:

- Tipo A: STANDARD.

Veicolo con le caratteristiche di serie tale a come è stato fornito dal costruttore.
Per i veicoli dei gruppi di conservazione da 2 a 4, le opzioni e le modifiche d'epoca d'abbellimento minore e gli accessori tipici disponibili sul mercato all'epoca sono accettabili.

- Tipo B: MODIFICHE D'EPOCA.

Veicolo di fabbricazione speciale o modificato all'epoca per uno scopo specifico.
Tipico nel suo genere e dunque d'interesse storico proprio.
Solo per i gruppi da 1 a 4, il fabbricante di tale veicolo è considerato come "costruttore".


- Tipo X: ECCEZIONE.

Veicoli che sono stati modificati a partire dal loro standard di produzione fuori dal periodo storico.
Le modifiche non dovranno riguardare lo "chassis roulant" (telaio, gomme, motore, trasmissione, sterzo e similia), dovranno essere conformi alle regole del paragrafo 2.1 e fare ricorso a pezzi del periodo appropriato o rifabbricati con le stesse specifiche (definizione, materiali e prestazioni).

- Tipo C: RIPRODUZIONI.

Veicoli costruiti dopo la loro epoca, con o senza pezzi originali, che imitano un modello dell'epoca.
Tali veicoli dovranno essere identificati in maniera che sia chiaro che si tratta di una riproduzione.
Il fabbricante di tali veicoli è considerato come un costruttore per quel che concerne le definizioni del gruppo di conservazione 4.

Da qui la definizione di gruppi di conservazione dei veicoli, per classificarne le caratteristiche

- Classe 1: AUTENTICO.

Un veicolo tale e quale al prodotto d'origine, poco deteriorato, completamente originale, comprese le finiture interne ed esterne eccetto i pneumatici, le candele, la batteria e gli altri elementi di consumo.

- Classe 2: ORIGINALE.

Un veicolo utilizzato, mai restaurato, con una storia conosciuta, in condizioni originali, eventualmente deteriorato.
Le parti che si deteriorano normalmente per l'uso possono essere state sostituite con parti aventi le specifiche dell'epoca.
La verniciatura, il trattamento delle superfici e la selleria possono essere state rifatte nel tempo.

- Classe 3: RESTAURATO.

Un veicolo con identità nota, totalmente o parzialmente smontato, rimesso a nuovo e rimontato.
Con scarti minimi in rapporto alle specifiche d'origine del costruttore solo nel caso di indisponibilità di parti o materiali.
Se disponibili, dovranno essere utilizzati dei ricambi originali, ma possono essere sostituiti da altri con le stesse caratteristiche.
Le finiture interne ed esterne potranno essere recenti, ma conformi per quanto possibile alle specifiche d'origine.


- Classe 4: RICOSTRUITO.

Parti di uno o più veicoli del medesimo modello o del medesimo tipo, assemblati in un solo veicolo comunque conforme per quanto possibile alle specifiche del costruttore.
Delle parti possono essere fabbricate nel corso della ricostruzione o fuori dal periodo storico del modello (come la carrozzeria, il blocco motore, la testata o altre parti comunque prive di identificatore d'identità come il numero di serie).
Le finiture interne ed esterne dovranno comunque essere conformi, per quanto possibile, alle specifiche dell'epoca.
 

Restauro conservativo... ad effetto.

Ovvero ...
come riparare le pedane compromesse dalla ruggine.

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Mancava alla collezione, o meglio, era l’ultimo tassello per poter dire davvero completa la collezione di famiglia dei Galletti.

Già, perché dopo gli ultimo fortunati ritrovamenti (e ne parleremo presto…) il Galletto 160 Quarto Tipo era davvero l’ultimo modello (o versione) latitante alla rassegna di scooter mandellesi.

Se il prezzo di acquisto è stato più che accettabile, le condizioni di conservazione non potevano dirsi altrettanto appetibili.
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Va detto che non sono molti gli esemplari circolanti di questa versione: la caratterizzazione è nel faro da 150 mm, nella disponibilità di un impianto elettrico che privilegia l’accensione a batteria-bobina-spinterogeno, ma che dispone nel contempo anche di una posizione di emergenza che consente l’alimentazione diretta dal volano magnete della bobina, per garantire il funzionamento della moto anche in caso di batteria scarica.
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Tutte caratteristiche che ritroveremo nel Galletto 175, ma che fanno di questa versione un elemento di passaggio tra i consolidati del 160 Terzo Tipo e il Galletto 175 cc.
Come dicevamo, le condizioni non erano tali da poter far ascrivere nella collezione il Galletto come un conservato.
Da qui la decisione di intervenire sulle magagne maggiori secondo il nostro stile, integrando le lacune e mettendo il veicolo in condizioni di essere marciante ed affidabile senza cancellare la patina del tempo.
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Si apre qui un lungo capitolo di interventi certosini, supportati dalla nostra esperienza di restauro conservativo e dalla conoscenza di tecniche ricostruttive che non si pongono come invasive nel risultato finale di ripristino.
Interventi in linea con la filosofia che esprimevamo nel precedente servizio pubblicato sul blog dedicato al restauro conservativo e che bene si mostrano nelle immagini che pubblichiamo a corredo.
Il nostro primo intervento è stato legato al recupero della pedana poggiapiede.

Qui anni di incuria hanno comportato la totale aggressione dei lamierati, con profonde tracce di corrosione, al punto da compromettere l’integrità stessa del materiale.
Dato lo stato di devastazione, si è reso necessario un intervento radicale.
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La parte ammalorata di pedana è stata tagliata e al suo posto è stata saldata al metallo ancora "sano" una lamiera dell’adeguato spessore, unita da saldatura a filo continuo.
Il riporto di materiale è stato quindi asportato, in modo da non lasciare traccia dell’intervento di ricostruzione.
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L’unica testimonianza, volutamente lasciata, dell’intervento è stata la mancata saldatura delle sagome triangolari (ad ogiva) dei tasselli di trattenimento dei terminali antiscivolo.
Il senso è non di realizzare una replica del particolare ammalorato, ma di ottenerne la stessa funzionalità lasciando le tracce dell’intervento stesso.
Al termine del nostro processo di invecchiamento, infatti, solo ad un occhio esperto e particolarmente attento sarebbe emersa l’operazione di ricostruzione realizzata.

Nel nostro intervento non miriamo a realizzare una replica o un falso, ma un’integrazione omogenea che ripristini il particolare, riportandolo alla funzionalità, nel rispetto della sua storicità.

Da qui il togliere ogni testimone di lavorazione nel dettaglio, lasciando un’indefettibile presenza che mostri all’occhio esperto la natura del lavoro eseguito.

In sostanza sono le stesse motivazioni che portano in un affresco il restauratore ad adottare la tecnica del "rigatino".
Il "rigatino" o "righettino", ricordiamo, è l’intervento di reintegrazione pittorica in cui il collegamento cromatico tra la lacuna e la zona circostante viene eseguito tramite un tratteggio verticale, in sintonia con i valori cromatici locali, in modo tale che da lontano l'intervento risulti impercettibile, ma si evidenzi chiaramente a una visione ravvicinata.

La metodica, messa a punto dall'Istituto Centrale del Restauro di Roma, differisce rispetto alla reintegrazione a selezione cromatica (un collegamento sia cromatico sia formale della lacuna con il eseguito con la stesura di trattini di colore puro, applicati a stesure successive e sovrapposte) per l'uso di colori anche miscelati e per l'andamento del tratteggio in senso verticale, ovvero senza un andamento direzionale che segua il "ductus" degli elementi formali circostanti.

Insomma, restituire nel nostro caso la funzione senza ritoccare l’anima stessa del pezzo o la sua storia tra l’insulto degli agenti atmosferici e il tempo.
Filosofia sin che si vuole, ma indirizzo che indica una precisa presa metodologica sul nostro modo di intendere il restauro conservativo.

Come dicevamo, da qui il taglio delle parti compromesse e il ripristino per saldatura a filo (Mig) integrata con puntature a Tig.
I relativi giunti sono stati poi asportati per abrasione e sulle parti levigate e pulite sono stati saldati dei bulloni (anziché le piastrine triangolari che avremmo facilmente realizzato), a testimoniare il tipo di intervento eseguito.
La saldatura in questo caso è avvenuta a lega di argento come nell’origine.
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Una volta montati i terminali forati delle pedane, i dadi sarebbero comunque spariti alla vista, ma non la testimonianza storica, una volta smontati.
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Medesimo discorso è stato fatto per le asole di supporto ai tiranti del telaio, rese di uno spessore ormai esiguo dalla ruggine.
Le due asole sono state tagliate sulla saldatura e, una volta rifatte nella sagoma ritagliandole da un piastra di recupero di giusto spessore, le abbiamo risaldate nella loro posizione,

Il foro è stato realizzato nel calibro corretto per evitare l’ipotesi di giochi inutili sui supporti offerti dai perni filettati del motore.
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A questo punto si è reso necessario invecchiare la parte, per cancellare i segni dell’intervento.
La tecnica è quella di sempre: bagni di acido, seguiti da impacchi, brunitore, salnitro, tocco al cannello, olio e pasta acida da saldare.
Il risultato è stato il metallo brunito al punto giusto e la passivazione (anche se artificiale e provocata) delle lamiere esposte all’aria con un bel colore opaco ed omogeneo; la craterizzazione dell’ossidazione e della corrosione è stata indotta anche da un bagno chimico ravvivato dalla corrente della saldatrice, somministrata ad hoc (ATTENZIONE: tecnica assolutamente vietata se non sapete esattamente cosa state facendo!).
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Il risultato è di tutto rispetto: la pedana mostra chiaramente i segni degli anni, senza quella patina di nuovo che stonerebbe su una moto conservata, ma è stato dato un addio alle brutture della corrosione e della ruggine!
Le parti originali sono state raddrizzate e ripristinate secondo la buona scuola dei carrozzieri battilastra.
Il tutto per ridare nuova dignità ad un veicolo fortemente compromesso dagli anni ma soprattutto dall’incuria, che solo una grande passione e amore ha restituito a nuova vita.
Del resto, diciamolo, quando c’è la passione tutto è possibile, anche i miracoli.
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